Con una recente pronuncia la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui per quantificare l’assegno di mantenimento spettante al coniuge a cui non sia addebitabile la separazione, bisogna accertare il tenore di vita di cui la coppia abbia goduto durante la convivenza inteso come periodo ante-separazione.
Per accertare il tenore di vita della famiglia in costanza di matrimonio, quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente, si devono considerare sia i redditi emergenti dalle dichiarazioni fiscali, sia il patrimonio (mobiliare o immobiliare) di cui dispongono le parti, nonché la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso.
Il caso preso in esame riguardava un coniuge che aveva un reddito elevato (superiore al mezzo milione di euro annui) e, stando alle risultanze fiscali, la moglie produceva un reddito annuo pari a circa il 6% rispetto a quello prodotto dal marito.
Il Tribunale, dopo aver accertato che la coppia aveva una spesa mensile di circa 10.000 euro, poneva a carico del marito un assegno di mantenimento pari a circa il 94% della spesa cosi individuata e nello specifico 1.500 euro a favore della moglie e 6.000 euro a favore dei due figli, oltre al 50% del canone di affitto.
Tuttavia la Corte di Cassazione evidenzia che la spesa mensile della famiglia, individuata dal Tribunale, riguardava un biennio successivo alla separazione di fatto della coppia e dunque non poteva essere considerata come parametro per calcolare il tenore di vita goduto dalla famiglia.
La cassazione, dunque, ribadisce il principio secondo cui per calcolare il tenore di vita goduto dalla famiglia si deve avere riguardo unicamente al periodo di convivenza coniugale ante-separazione.