28 April 2025

La moglie costretta a pagare l'affitto a seguito della revoca dell'assegnazione della casa familiare può pretendere un aumento dell'assegno divorzile?

Come noto l’assegnazione della casa familiare non è eterna e cessa al verificarsi di alcune circostanze, quale ad esempio l’intervenuta autosufficienza economica dei figli.  In tal caso l’assegnazione della casa familiare può essere revocata.

Ma quali riflessi può avere la revoca dell’assegnazione della casa sull’assegno divorzile percepito dal coniuge assegnatario, se quest’ultimo, a causa della revoca dell’assegnazione, deve provvedere al pagamento di un canone di locazione per una nuova casa?

La prima sezione civile della Suprema Corte si è di recente pronunciata in un caso avente ad oggetto proprio la richiesta di aumento dell’assegno divorzile avanzata dalla ex moglie che, in conseguenza della revoca dell’assegnazione della casa familiare (revoca intervenuta in quanto i figli erano ormai divenuti economicamente autosufficienti), aveva dovuto provvedere a prendere in locazione un’altra abitazione, sostenendo un affitto mensile di 500 euro.    

La donna giustificava tale richiesta anche sull’assunto secondo cui l’ex marito, oltre che essere tornato in possesso del proprio immobile,  non era più onerato neppure del pagamento dell’assegno di mantenimento per i figli, divenuti economicamente autosufficienti, e dunque poteva disporre di maggiori risorse economiche, oltre che dell’immobile, che era tornato nella sua disponibilità.

In ragione di tali nuove circostanze la moglie aveva richiesto ed ottenuto in secondo grado dalla Corte D’appello di Venezia un aumento dell’assegno divorzile versato dall’ex coniuge. Avverso tale decisione l’ex marito ha proposto ricorso in Cassazione.

Ebbene la Corte di Cassazione ha evidenziato che la revoca dell’assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario di assegno divorzile non comporta di per sé l’automatismo dell’aumento dell’assegno, dal momento che lo scopo dell’assegnazione non è quello di avvantaggiare il coniuge assegnatario, ma unicamente i figli che hanno diritto a conservare il proprio habitat familiare anche dopo la separazione dei genitori.

Ovviamente, però, la revoca dell’assegnazione della casa familiare può destabilizzare l’equilibrio raggiunto con la separazione, rendendo necessario un adeguamento dell’assegno divorzile per evitare situazioni di ingiustizia.

Tuttavia se è pur vero che la revoca dell’assegnazione incide economicamente in senso negativo per l’assegnatario, che si vede costretto a soddisfare il proprio bisogno abitativo in altro modo (ad esempio pagando un affitto) ed in senso positivo per l’altro coniuge, in ragione della disponibilità dell'immobile di cui è proprietario, è anche vero che la circostanza del pagamento di un canone di affitto per una nuova casa non può da sola giustificare la richiesta di un aumento dell’assegno divorzile, neppure considerando che l’ex marito non è più onerato del pagamento dell’assegno di mantenimento per i figli.

Con l’ordinanza n. 16462/2024 la S.C. ha sottolineato, infatti, che tali elementi possono rilevare ai fini della determinazione del quantum dell’assegno divorzile, ma devono essere considerati tenendo conto di una esigenza abitativa “astrattamente considerata”  e del quantum dell’assegno già complessivamente riconosciuto. Contemperando tali elementi occorrerà considerare, dunque, se effettivamente vi sia uno squilibrio tale da richiedere un intervento sul quantum dell'assegno, e ciò in ragione del fatto che il diritto alla giustizia e all'equità deve sempre prevalere.

Nel caso di specie la ex moglie poteva contare già su un assegno divorzile cospicuo, pari ad euro 2.200 euro mensili e dunque il maggior esborso da questa sostenuto per l’affitto, pari a 500 euro mensile, non è stato ritenuto dalla Corte sufficiente per giustificare un aumento dell’assegno ad euro 2.500 euro e ciò anche alla luce del fatto che l’intervenuta autosufficienza economica dei figli aveva comportato una maggiore disponibilità economica per entrambi i genitori e non solo per il padre, posto che anche la madre non doveva più contribuire al loro mantenimento diretto.

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