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07 September 2023

L'assegno di mantenimento in sede di separazione, quando spetta e come si calcola?

Seguendo un orientamento ormai consolidato la Corte di Cassazione torna a sottolineare e a specificare ancora una volta, con recenti pronunce (Cass. civ. ord. 14310/2023; 17545/2023), i parametri che il Giudice di merito deve tenere in considerazione per quantificare l’assegno di mantenimento in favore del coniuge e dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti in sede di separazione.

Infatti l’art. 156 c.c. sancisce il principio secondo cui, quando viene pronunciata la separazione, il giudice può stabilire a vantaggio del coniuge (cui non sia addebitata la separazione) un assegno di mantenimento  qualora quest’ultimo non abbia redditi propri.

E’ necessario quindi in primis capire il significato della locuzione utilizzata dal legislatore: “non abbia redditi propri”.

La giurisprudenza ha nel tempo sancito il principio di diritto secondo cui l’assegno di mantenimento debba essere calcolato in modo da consentire al coniuge richiedente di mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, intendendosi per tenore di vita una situazione che ovviamente condiziona anche la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente, valutate le disponibilità patrimoniali dell'onerato in relazione a quelle del richiedente, ovvero valutata la disparità reddituale dei due.

Nell'ambito dello svolgimento di un simile accertamento è necessario, tuttavia, non confondere il tenore di vita con la mera fruizione diretta di particolari beni (casa vacanze, barca o autovettura che sia).

E' indubbiamente vero che con la separazione normalmente vengono meno una serie di benefici e di consuetudini di vita, strettamente collegati alla posizione patrimoniale, reddituale, professionale e sociale dell'uno o dell'altro coniuge, che non sono riproducibili durante la separazione, cosicché il venir meno della possibilità di godere di singoli beni appartenenti  a uno dei coniugi costituisce la fisiologica conseguenza della scelta di questi ultimi di vivere separati.

Ciò nonostante, il riconoscimento di un assegno di mantenimento deve avvenire considerando, piuttosto che la cessazione del godimento diretto di particolari beni, il generale tenore di vita goduto in costanza della convivenza, da identificarsi avendo riguardo allo standard di quella resa oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi e tenendo conto, quindi, di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro (cfr. Cass. 20638/2004, Cass. 5061/2006).

A tal fine il Giudice di merito non può limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali la disponibilità di un consistente patrimonio, anche mobiliare e la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso.

Ciò in quanto la separazione non comporta lo scioglimento del vincolo coniugale e dunque, fatta salva per la dispensa dal dovere di fedeltà, convivenza e collaborazione che a seguito della separazione cesseranno, permane invece, sino alla pronuncia divorzile, il dovere dell'assistenza materiale verso il coniuge.

Le stesse considerazioni valgono per la quantificazione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli, ai quali spetta analogamente il diritto di continuare a godere del medesimo tenore di vita di cui godevano prima della separazione dei  genitori, onde evitare che gli stessi possano subire discriminazioni rispetto ai figli di coppie non separate.